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10 luglio 1976, dal reattore A-101 dello stabilimento Icmesa di Seveso si sprigiona la e tossica che a lungo inquinò la zona e ancor più a lungo l'opinione pubblica. In queste pagine il sindaco di Severo, che si trovò in quei giorni a gestire la catastrofe, descrive passo dopo passo i timori, i sospetti, gli allarmi che coagularono in una tragedia che ebbe risonanza internazionale e ha dato luogo anche a una mitologia strumentalizzata da chi aveva e ha a cuore non i reali problemi e interessi della gente, bensì l'affanno di tradurre in pratica lo schematismo ideologico di cui è intollerante portatore. Le femministe capeggiate da Emma Bonino, strumentalizzando l'ipotesi - rivelatasi infondata - di danni provocati dalla diossina sullo sviluppo dei bambini in gestazione, scelsero Seveso come terreno di sperimentazione per allargare la casistica dell'aborto "terapeutico". Non di aborto "terapeutico" si trattava, bensì di aborto "eugenetico", come ebbero a scrivere l'Osservatore romano e, sull'Avvenire, il futuro arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. Il sano etos cristiano della gente di Brianza ha consentito infine di superare la terribile prova con fermezza e dignità, lievitate dall'incrollabile amore per la propria terra.